Costeggiando l’Adriatica e passando dalle Marche
Continua il viaggio di Sara e Raffaele costeggiando l’Adriatica passando dalle Marche alla spettacolare Via Verde della Costa dei Trabocchi in Abruzzo, poi il Molise e finalmente la Puglia, accompagnati da una temperatura molto alta peggiorata dal tasso di umidità. Imperterriti nella missione di raccolta di plastica abbandonata sul bordo della strada, ma sempre con il loro sguardo concentrato sulla bellezza del cicloviaggio che ha come meta Santa Maria di Leuca
Sara Mazzarella e Raffaele Farini hanno aggiunto un ulteriore elemento alla piacevolezza della pedalata in libertà: puliscono le strade dalla plastica. Sono un grande esempio e un insegnamento attivo a comportamenti virtuosi, soprattutto ai ciclisti senza coscienza ecologica. Col progetto https://www.plasticfreeride.it/ combinano il bel viaggio cicloturistico con la pulizia dalla plastica abbandonata da irresponsabili. Per noi hanno scritto la loro lunga pedalata dal Veneto a Santa Maria di Leuca.
Questa è la seconda puntata:
Tappa 7
Questa mattina le strade sterrate sono finalmente pianeggianti, ma anche parecchio imbrattate dai rifiuti. Siamo costretti a molte soste per ripulirle. Ci rendiamo conto che spesso le strade secondarie, nonostante siano meno battute dalle auto, sono probabilmente zone più facili per scaricare rifiuti in quanto più lontane da occhi indiscreti. Arrivando al mare percorriamo diversi chilometri sia su tratti di strada trafficata, sia su tratti di ciclabile lungo il mare. Il tempo non è dei migliori: il cielo è mascherato da una velatura bianca di umidità che rende il caldo percepito più fastidioso e l’orizzonte del mare meno nitido. Questo tempo ci accompagnerà inesorabilmente quasi fino al nord della Puglia.
La sera arriviamo a Grottammare dove decidiamo di prenderci un giorno di pausa per riposarci e mitigare l’irritazione al sottosella. Ne approfittiamo anche per fare tutte le attività che ogni cicloviaggiatore è costretto durante il viaggio: lavaggio di tutto l’abbigliamento, un approfondito controllo ad entrambe le bici, ma anche qualcosa di più frivolo come aggiustare l’abbronzatura che ormai è molto evidente sulla pelle esposta e pallidissima sulla pelle coperta.

Tappa 8
Come sempre si riparte la mattina presto, ma il risveglio è sempre problematico nonostante il giorno di pausa.
Facendo colazione pensiamo a come sia strano che nonostante il nostro equipaggiamento sia visibilmente particolare, poche persone capiscono cosa stiamo facendo o si interessano magari chiedendo qualche informazione in più. La cosa ci fa riflettere sull’indifferenza, forse perché le persone sono concentrate su loro stesse o troppo pigre per fare domande e interessarsi agli altri. Quando accade che si interessano, il più delle volte restano impassibili al nostro racconto e non approfondiscono con qualche ulteriore domanda sul nostro progetto.
Questo ci fa pensare che l’inquinamento da plastica, per quanto ben noto, non sia ancora un problema da essere preso in considerazione con urgenza dalla maggioranza delle persone.
Riprendiamo a pedalare e per quasi l’intera giornata costeggiando il mare. Il cielo è costantemente bianco e l’afa toglie il respiro. Per la prima volta incontriamo altri due ciclisti in viaggio che da Desenzano stanno andando in Sicilia ad un ritmo di 250 km al giorno. “Pazzi scatenati” pensiamo. Dopo una piacevole chiacchierata li salutiamo perché non vogliamo frenare la loro fame di chilometri.
Prima di pranzo arriva il momento tanto temuto dai ciclisti: la prima foratura. Raffa è sicuro di sé, rassicura Sara assicurandole che nel giro di 15 minuti al massimo si torna a pedalare. Ma non sarà così: il copertone infatti è difficile da stallonare e dopo 20 minuti di tentativi Raffa si arrende. Approfittando del fatto che siamo in un paese ci mettiamo alla ricerca di un negozio di bici che troviamo a un chilometro. A fatica il meccanico riesce nell’operazione e dopo aver pranzato di fronte all’officina si riparte.
Non è finita: dopo qualche ora Sara buca per la seconda volta. Questa volta però nel giro di qualche minuto la ruota è riparata. Incontriamo ancora i ragazzi di Desenzano che pure loro si erano fermati a pranzo. Insieme percorriamo gli ultimi chilometri della giornata fino all’arrivo di giornata programmato a Francavilla al Mare.
A destinazione ci accampiamo nel nostro b&b, un vecchio garage riconvertito a camera, in maniera molto basica: un letto, una doccia e per noi è sufficiente. I proprietari sono gentilissimi e finalmente qualcuno per la prima volta ci fa mille domande sul progetto. Allora qualcuno sensibile al tema c’è. Questo ci riempie il cuore e ci dà una forza incredibile per andare avanti, fino in fondo.

Tappa 9
Da Francavilla al Mare oggi si arriverà a Termoli.
Grazie alle indicazioni di una ragazza conosciuta sui social, passata Ortona riusciamo ad evitare una strada chiusa, percorrendo una via alternativa. La via è un sentiero che attraversa la bellissima riserva della pineta di San Donato, il cimitero militare canadese e ci porta sulla suggestiva punta Acquabella. Rimaniamo incantati.
Scendiamo verso il mare e attraversiamo il piccolo paese di Acquabella: poche case, quasi tutte disabitate, tranne alcune. Alla fine del borgo incontriamo una coppia di mezza età al ritorno dalla spiaggia. Ci fermiamo a chiacchierare e scopriamo che sono proprio loro i tenaci abitanti di Acquabella. Rimaniamo affascinati dalla ricchezza d’animo dei due: professore universitario e critica letteraria, hanno fondato un’associazione culturale, e si battono per la salvaguardia della storia del borgo e per la tutela storico-paesaggistica di tutto il mar Adriatico. Ci raccontano del luminoso passato del borgo, quando la vita sulla costa era fatta soltanto di pesca e orti sul mare, un passato recente che sembra lontanissimo dalla nostra realtà. Per il loro attivismo hanno già pagato ricevendo minacce e intimidazioni, ma non si fermano, ostinati nella loro battaglia per la vita e la cultura. Per il weekend successivo hanno in programma un piccolo festival letterario che si svolgerà proprio nel borgo. Ci invitano a rimanere, a tornare, e noi vorremmo tanto restare, ma la nostra strada prosegue verso sud.
Siamo sulla Via Verde della Costa dei Trabocchi: 60 chilometri di pista ciclabile a strapiombo sul mare. A fine ‘800 lungo questa strada passava la “Valigia delle Indie”, la linea ferroviaria che collegava Londra a Bombay. In 45 ore il treno arrivava a Brindisi, dove il viaggio proseguiva su piroscafo fino in India. Oggi la ferrovia è stata dismessa, e ha lasciato spazio ad una suggestiva ciclovia a sbalzo sul mare. La mobilità sostenibile che si impossessa di spazi che non erano suoi ci gasa un sacco, anche se noi in 45 ore abbiamo attraversato solo due regioni.
Entriamo nella riserva naturale di Punta Aderci. Qui i sentieri sono decisamente più puliti, ma non manca anche qui qualche classica bottiglia di plastica nascosta nell’erba o piccoli rifiuti. Panorama mozzafiato, il verde si mescola con il giallo e il blu del mare. Per alcuni scorci sembra la Nuova Zelanda. Sulla punta incontriamo tre bikers, affascinati dal progetto si fermano un po’ con noi raccontandoci a loro volta le loro storie: una di loro ha mollato tutto ed è andata a vivere in camper.
Scendiamo ancora ed arriviamo in Molise. I rifiuti sono sempre molti come in Abruzzo, ma le strade transitate dalle auto sono sempre le più sporche.
Arriviamo finalmente a Termoli dopo aver percorso un pezzo di ciclabile abbandonata dove la natura ha riconquistato i suoi spazi; infatti, finiamo la tratta di oggi percorrendo qualche km tra rami, rovi e vegetazione rigogliosa.
L’arrivo a Termoli toglie il fiato. La rocca si staglia imponente sul mare: fa da faro per le imbarcazioni e da nido sicuro per gli abitanti della terraferma. Parcheggiamo le bici in camera e si va subito in centro a scovare i vicoli più stretti e suggestivi.

Tappa 10
La mattina si riparte e ormai sentiamo che la Puglia è a un passo. Questa cosa ci dà una carica immensa.
Questa carica però non dura tantissimo. In men che non si dica ci ritroviamo a pedalare su una statale solcata da auto che sfrecciano a velocità sostenuta e mezzi pesanti che quando passano ci fanno sbandare per lo spostamento d’aria. Qui interrompiamo la raccolta perché sarebbe troppo rischioso fermarsi su una strada così. Inoltre, alcune piazzole di sosta sono delle vere e proprio discariche a cielo aperto e dopo un paio di queste abbiamo già i nostri contenitori pieni. Pensiamo cosa abbia fatto di male questo pianeta per meritarsi tutto questo. Credo non troveremo mai risposta.
Ad un certo punto non crediamo ai nostri occhi; eccolo li, il cartello che mai pensavamo di poter vedere cavalcando un mezzo a pedali su due ruote: PUGLIA.
Oggi dobbiamo decidere presto dove dormire perché i paesini nella zona dove stiamo pedalando hanno poche strutture per ospitare viaggiatori. Troviamo riparo dal sole sotto un imponente albero; la presenza di qualche sedia ci fa supporre funga da riparo anche per qualche contadino. Dopo qualche telefonata riusciamo a prenotare una piccola stanza sotto il paese di Rignano Garganico. Più felici e rilassati si torna sui pedali, e soprattutto al sole.
Pedaliamo fino all’ora di pranzo dove finalmente riusciamo ad abbandonare la statale.
Pranziamo a Lesina dove, la vista di qualche persona qua e là, ci conferma la presenza dell’uomo anche qui. Troviamo un paio di persone fuori da un bar che, affascinate e incredule nel vedere qualcuno in bici con questo caldo, si offrono di riempire le nostre borracce con dell’acqua gelata. Rimarrà gelata per poco più di una manciata di minuti. Dopo meno di mezzora l’acqua è di nuovo calda. Potresti usarla per riempire una vasca per un bel bagno caldo. Ma ormai è da inizio viaggio che beviamo acqua calda per cui non ci facciamo più neanche tanto caso.
Qui il caldo si fa davvero insopportabile. Il sole è sempre nascosto dietro questa coltre bianca che sembra nebbia ormai. Arrivati ad Apricena i polmoni quasi scottano ad ogni respiro: sembra di inalare aria proveniente da una stufa. Ci chiediamo se questo caldo possa essere correlato in qualche maniera ai cambiamenti climatici o se realmente qui la gente è abituata a convivere con queste temperature.
Ci fermiamo a mangiare un gelato ghiacciato in un bar dove un barista a dir poco bizzarro ci racconta alcune storie molto strampalate che però in qualche maniera ci affascinano e, un po’ per l’interesse ed un po’ per la stanchezza, stiamo in silenzio ad ascoltarlo. Se fosse stato qualche grado in meno forse avremmo avuto anche la forza di rispondere.
Si torna sui pedali, verso la camera che ci rimetterà in vita questa notte. Mancano pochi chilometri, ma siamo nel tavoliere delle Puglie e per arrivare al paese dobbiamo salire. Mentre continuiamo a raccogliere plastica a non finire intraprendiamo la salita. La bici di Sara inizia ad accusare i km. Il cambio non risponde più, proprio adesso che servirebbe un rapporto più leggero. Ci fermiamo alcune volte, rispolverando tutti i consigli che il nostro fidato meccanico ci ha fornito prima della partenza, ed ecco che, vuoi la memoria vuoi la fortuna, il pacco pignone torna a rispondere correttamente.
Dopo aver speso tutte le poche energie rimaste per salire i 300 mt di dislivello arriviamo nella camera tanto sognata. Come prima cosa chiediamo alla signora che ci ospita di poter svuotare tutta la plastica raccolta nel suo bidone.
Eccola li. La camera. Che sogno. Non siamo i soli però: con noi, sopra il nostro letto, è presente una gigantografia di Padre Pio che ci ricorda: siamo a un tiro di schioppo da San Giovanni Rotondo.
“È prontoooooo” ci urla la signora dal piano di sotto. Con le poche forze rimaste scendiamo le scale e ci ritroviamo da soli in una sala da pranzo circondati da santini di ogni genere. La cena è a dir poco impressionante. Portate di ogni tipo e di dimensioni indescrivibili. Mangiamo quasi tutto, fino allo sfinimento, fino a quando ci rendiamo conto che non ce la facciamo più, ma non capiamo se per la fame o per il sonno. Qualcosa è avanzato, e la signora ce lo impacchetta con cura: ecco fatto, il pranzo di domani!


Tappa 11
Dopo poche ore, veniamo svegliati dal suono della sveglia che giorno dopo giorno si fa sempre più fastidioso. Appena usciti di casa guardiamo la piccola stazione meteo casalinga che fiancheggia la porta di ingresso. Ore 6:45 – temperatura 30°C. La mattinata è già afosa e la splendida vista che si avrebbe sul tavoliere delle Puglie è nascosta dalla solita coltre bianca che ormai ci accompagna dalle Marche.
Continuiamo la giornata immersi tra distese di campi coltivati interrotti ogni tanto da qualche rifiuto qua e là che prontamente raccogliamo e carichiamo sulle nostre bici. La presenza di qualche gruppo di cani randagi ci dà lo stimolo per pedalare più in fretta in alcuni tratti. Siamo esausti ma dobbiamo continuare perché non vediamo l’ora di tornare a vedere il mare. Pensavamo di evitare una grossa fatica saltando il dislivello del Gargano; invece, ci rendiamo conto che questa parte del viaggio ci sta mettendo seriamente a dura prova.
Passiamo da alcuni gruppi di case che probabilmente erano abitati dai contadini fino agli anni 70/80. Incuriosito, Raffa decide di entrare in una di queste case abbandonate, ma esce dopo pochi secondi accompagnato da un grosso cane randagio, che per fortuna non reagisce. Probabilmente anche lui, come noi, sta accusando questo caldo così afoso.
Dopo ore di pedalata in mezzo al nulla arriviamo a Zapponeta dove fatichiamo a trovare qualcosa di aperto per mettere qualcosa sotto i denti. Chiediamo a qualche raro passante, ma tutti ci rispondono che con questo caldo difficilmente troveremo qualcosa di aperto fino all’ora cena. Qui la temperatura è di 41 gradi con un tasso di umidità altissimo.
Dopo vari giri tra le poche saracinesche aperte troviamo un localino sulla spiaggia che ci prepara due fantastici panini e soprattutto una bevanda fresca.

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