In Puglia per l’ultimo lungo tragitto fino a Santa Maria di Leuca.
Dopo avere raccolto dalla strada decine di sacchi di plastica i nostri amici entrano in Puglia per l’ultimo lungo tragitto fino a Santa Maria di Leuca. La fatica si fa sentire ogni giorno di più ed il caldo è asfissiante.
Ciò renderà il viaggio una vera impresa che si ricorderà per tutta la vita, ma che sarà anche un incentivo alla buona educazione e alla consapevolezza che il rifiuto può essere anche una risorsa se ben indirizzato nel circolo virtuoso del riciclo.
Questa è la terza puntata:

Tappa 12
Inforchiamo le bici. Oggi i dolori iniziano a farsi sentire già dalle prime ore del mattino. A inizio viaggio i primi dolori arrivavano verso metà giornata, ma ogni giorno arrivano qualche ora prima.
Le mappe ci portano su strade secondarie stupende che costeggiano il mare. Nonostante il cielo sia ancora velato, il paesaggio è bellissimo, con i primi muretti a secco che ci indicano la strada.
In una sosta per bere un goccio di acqua, ovviamente calda, notiamo la quantità di plastica, di ogni genere, presente sulla spiaggia. Siamo inorriditi e avviliti nel vedere un inquinamento del genere a due passi dal mare. Uno dei problemi principali della plastica è proprio il momento in cui riesce ad arrivare nei mari: lì diventa difficile da recuperare e disastrosa per la fauna marina. Prendiamo così la dovuta decisione di accantonare le bici per qualche minuto e ripulire un tratto di spiaggia a piedi. Ahimè questo momento dura davvero poco in quanto in poco meno di 10 minuti abbiamo già il saccone pieno e siamo costretti ad interrompere la raccolta per lo meno fino al primo bidone dove poterlo svuotare.
Siamo frustrati perché ci rendiamo conto che quello che stiamo facendo è paragonabile al riempire una piscina con un cucchiaino da caffè. Ci fermiamo a riflettere sul reale contributo che stiamo dando alla lotta all’inquinamento da plastica e fatichiamo a trovare una risposta. Nonostante si faccia di tutto per vivere ad impatto zero, questa società e questa economia continua ad incentivare prodotti usa e getta.
Siamo convinti però che se ogni persona facesse anche un solo piccolo gesto e iniziasse a prendere scelte più consapevoli, le cose potrebbero cambiare drasticamente. Ci piace l’idea di dimostrare che è possibile contribuire alla salvaguardia del nostro pianeta proprio partendo da noi, piccoli componenti di questo enorme ecosistema. Sembreremo utopistici, o sognatori, ma proprio il fare qualcosa, ci sembra l’unica cosa che possiamo fare.
Trani, Bisceglie, Molfetta, questi paesi di mare sono piccoli gioielli, ancora autentici per il minore turismo rispetto alle più grandi mete del tacco di Italia.
Arriviamo a Bari e ci innamoriamo perdutamente della città vecchia. I bambini giocano a pallone pe la strada e qualche ragazzino sgasa con il motorino fra gli stretti vicoli. Gruppetti di anziani sostano con le loro sedie fuori dalle porte di casa quando il tramonto allenta la morsa del caldo, parlando un dialetto che ormai non riusciamo più a capire. Qui il tempo sembra essersi fermato e questo aumenta ancora di più il fascino di questi meravigliosi salotti a cielo aperto. Un salotto di cui nemmeno i padroni di casa hanno troppa cura: carte, pacchetti di sigarette e di patatine, lattine di bibite sono abbandonati agli angoli delle strade, forse con la speranza che qualche operoso spazzino li porti via il mattino seguente. È questo il problema più grande: ci chiediamo sempre in senso metaforico “tu getteresti un rifiuto sul pavimento di casa tua?”. Forse la risposta è sì, forse c’è più gente che lo fa di quanta immaginiamo.

Tappa 13
Partiamo da Bari come sempre la mattina presto.
Le occhiaie fanno ormai parte dell’espressione del cicloviaggiotore. É una firma al pari dell’abbronzatura imbarazzante: braccia, gambe e collo sembrano attaccate ad un busto pallido che appartiene ad un’altra persona.
Usciti dal centro scopriamo la sorpresa più bella ormai inaspettata: alzando gli occhi al cielo ci rendiamo conto che la coltre bianca che ci inseguiva dalle Marche si è stufata di seguirci e magicamente torniamo ad avere uno splendido blu sopra le nostre teste. Ciò vuol dire anche meno afa e caldo più sopportabile per cui è una sorpresa che sa di doppio regalo.
Da qui in poi ogni paese è un incanto. Passiamo per Polignano a mare e Monopoli per poi abbandonare il mare ed entrare nella Valle d’Itria circondati da olivi e cicale.
Anche qui il cassone della bici lo riempiamo in poche centinaia di metri. Siamo davvero arrabbiati nel vedere zone così belle rovinate dall’incuria e dall’inciviltà di poche persone.
La tappa è all’insegna della salita ma le strade sono talmente belle che quasi non la si sente. Il cervello è troppo intento a godere del paesaggio con gli occhi per avvertire che le gambe sono stanche e il culo dolorante. Inoltre, in tutta questa cornice inizia a spuntare qualche costruzione a forma di trullo e il tutto assume un’ulteriore magia. Arriviamo ad Alberobello dove, nonostante la massiccia presenza di turisti, la bellezza di questo luogo ci lascia senza parole.
La sera ci rendiamo conto mangiando in un bar che l’Italia è agli ottavi di finale degli Europei. Di colpo ci trasformiamo in tifosi degli azzurri condividendo il tavolo con una coppia di austriaci, nostri avversari durante la partita. Vinceremo, dopo una partita estenuante, ai supplementari. È andata… andiamo ai quarti. Salutiamo sportivamente i nostri vicini austriaci e si vola a letto.

Tappa 14
Questa mattina ce la prendiamo con calma. preferiamo morire di caldo che di sonno.
E poi l’itinerario prevede qualche km in meno rispetto alle tappe precedenti: 50 km invece degli 80/90 dei giorni precedenti. Abbiamo in programma di passare a salutare un amico per trascorrere una mezza giornata di riposo in piscina per aggiustare l’abbronzatura ormai ridicola nel contrasto.


Tappa 15
Ostuni – Lecce
La mattinata parte con un colpo al cuore. Mentre facciamo colazione vediamo l’autista del camion dell’immondizia che, con molta nonchalance, butta tutti i bidoni di un’isola ecologica nello stesso cassone. Rimaniamo veramente allibiti e impotenti davanti a questa scena. Non capiamo il motivo di questa “tecnica di lavoro”. Nella debole illusione che poi i vari sacchi vengano separati una volta arrivati in discarica, decidiamo di proseguire con la nostra pedalata di raccolta verso sud.
Passiamo per Ostuni e Cisternino dove una coppia di signori si dimostrano affascinati e incuriositi dal progetto e per una buona mezzora rimaniamo a chiacchiere con loro tra i vicoli bianchi di questo splendido paesino.
Subito dopo ci dirigiamo verso Mesagne dove incontriamo Orlando, un ragazzo che, venuto a conoscenza del progetto e del viaggio in corso, ha deciso di condividere alcuni km con noi dandoci man forte nella pulizia.
Pedaliamo con lui diversi km e purtroppo gli olivi verdi e rigogliosi della Val d’Itria lasciano il posto agli olivi malati e secchi del Salento. Questo è dovuto alla Xilella, malattia per cui non si è ancora trovata una cura e che “congela” gli olivi in un limbo di improduttività e assenza di foglie.
Arriviamo a Lecce e nella piazza principale incontriamo una coppia di cicloviaggiatori che ormai da due giorni incrociavamo sulle strade pugliesi. Sono danesi e sono una forza della natura. Hanno all’incirca 65 anni e ci dicono che le loro ferie le trascorrono sempre in bici e con tanta curiosità. Due incontri possono essere casuali, ma il non terzo: dobbiamo prenderci una birra insieme per approfondire la conoscenza. Non vorremmo più lasciarli perché hanno un mondo di cose da raccontare e una sensibilità enorme verso questo splendido mondo che lo guardano con il nostro stesso punto di vista.
Durante la cena pianifichiamo la tappa di domani che, come da progetto iniziale, dovrebbe essere l’ultimo giorno di viaggio: circa 90 km (quindi buona lena e speriamo poche soste) per arrivare a Santa Maria di Leuca. Chiamiamo Federico, il viaggiatore lento, che ci sta facendo da mentore sulle strade pugliesi. Lui vive in Trentino come noi, ma è innamorato di questa regione che l’ha girata in lungo e in largo sulle due ruote tanto da ricordare a memoria le strade migliori. Della tappa di domani ci elenca così tanti punti di interesse storici e naturalistici che possiamo raggiungere solo allontanandoci di qualche km dalla strada principale e allungando significativamente il percorso. Farla tutta in un giorno diventerebbe impossibile e sorge il dubbio: percorso diretto per arrivare in un giorno e poi relax o aggiungiamo una tappa intermedia per goderci il viaggio? Pensando che siamo sulla sella da così tanti giorni, aggiungerne uno non farà grande differenza. In realtà quello che si instilla in noi è la nostalgia anticipata della fine e quindi faremmo di tutto per prolungare il viaggio ancora un po’. E così sarà: aggiungiamo una tappa e andiamo alla scoperta dell’estremo sud del tacco.

Tappa 16
Un nostro amico prima di partire ci ha detto: “Non potete andare a Lecce e non bere un caffè leccese”. Ce lo ricordiamo quando ormai siamo usciti dalla città, quindi, pur di farlo, ci fermiamo al bar di un distributore sulla statale. Il bar sarà stato bruttino ma il caffè leccese era qualcosa di indescrivibile.
La traccia si sviluppa principalmente tutta sulla via francigena pugliese, su strade di campagna che tagliano immense piantagioni di olivi dove si incontrano pochissime persone, ma migliaia di cicale ci accompagnano nel nostro passaggio, ma non solo con il loro richiamo anche saltandoci addosso. Facciamo molti chilometri con la mano davanti alla faccia col timore che qualcuna ci possa entrare in bocca. Se qualcuno ci vedesse in queste condizioni probabilmente ci consiglierebbe di cambiare sport.
In un piccolo paese in mezzo alla campagna incontriamo una comitiva di cicloturisti di Modena, tutti di mezza età, e stanno compiendo un itinerario a tappe; passeranno anche loro domani da Santa Maria di Leuca. Riflettendoci, non sono molti i viaggiatori su due ruote che abbiamo incontrato durante tutto il viaggio. È certamente un percorso che potrebbe essere migliorato, magari proprio con la costruzione di tratti ciclabili dedicati che valorizzerebbero quelli già esistenti. Se le persone sapessero cosa si prova a viaggiare così, se provassero questa velocità, che è quella che davvero ti fa amare il mondo, e se facendolo si guardassero in faccia, scoprirebbero dai propri sorrisi che non c’è viaggio più bello, andatura più giusta, esperienza più liberatoria, del viaggiare così, su due ruote, soltanto con lo stretto indispensabile.
Tra i punti di interesse segnalati dal nostro amico, il viaggiatore lento per l’appunto, ci sono una serie di reperti storici e preistorici: menhir, dolmen e affascinanti costruzioni ipogee.
Usciti da questa traccia incredibilmente suggestiva, ci troviamo esattamente alle porte di Otranto e ormai avvertiamo l’arrivo. Solo una manciata di chilometri ci separa dalla meta: è un po’ come quando si sta per finire un libro eccezionale, ma allo stesso tempo non si vede l’ora di concluderlo per conoscere la conclusione.




Tappa 17
Dopo una colazione abbondante inforchiamo le nostre bici che ora sono impolveratissime e appiccicose. Quella che pensavamo fosse un’ultima tappa gloriosa si dimostra da subito molto impegnativa: la strada è un continuo sali e scendi con vento contrario che fa di tutto per non farci arrivare a destinazione. Anche raccogliere in queste condizioni è faticoso perchè gli imballaggi più leggeri spiccano il volo dai nostri cassoni e siamo costretti a tornare indietro per recuperarli.
Ormai siamo saliti tantissimo e il mare lo vediamo in lontananza. Di colpo sembra di essere sulle costiere scozzesi con ampi prati e greggi di pecore qua e là.
Dopo l’ennesima salita prendiamo una strada secondaria che dovrebbe portarci dritti a Santa Maria di Leuca. Ancora il vento ci rallenta la tabella di marcia. Gli unici momenti dove riusciamo ad accelerare un po’ sono quando i cani escono dai cancelli aperti delle case e ci inseguono per qualche centinaio di metri. Lì non c’è vento o pendenza che tenga: scatta il chilometro lanciato.
Dopo un pranzo frugale all’ombra di un maestoso albero riprendiamo la traccia. Ormai mancano davvero pochi km. Sui cartelli iniziamo a vedere cifre sempre più basse associate al nome “Santa Maria di Leuca”. Fino a che, dopo qualche ora ancora passata sui pedali, ecco il cartello che tanto avevamo sognato di poter raggiungere in bici. Se è un sogno non svegliateci. Siamo stanchissimi ma increduli. La gente che ci guarda farci le foto sotto il cartello non può capire, ma per noi è un’emozione fortissima. Lo avevamo sognato così tanto questo viaggio e ora siamo riusciti a portarlo a termine.
Arriviamo punta Ristola, il punto sulla terra ferma più a sud d’Italia. Proprio qui troviamo l’ultimo rifiuto, su uno scoglio a pochi metri dal mare: una paletta gelato ancora incartata.

Ripensando al viaggio ci sembra di essere stati in giro una vita e soprattutto di aver visitato mille paesi. Abbiamo visto paesaggi cambiare, sentito dialetti mutare, assaporato cibi diversi. Eppure, questa è semplicemente una parola: Italia.
Un paese che consideravamo incredibile ma che dopo questo viaggio possiamo dire sia veramente magico.
In tutta questa magia però abbiamo assistito a un grosso problema: Nord e sud, infatti, sembrano essere uniti da una grossa e dilagante piaga comune chiamata inciviltà.
Non sappiamo quale possa essere la cura a questa grave piaga ma di sicuro la sensibilizzazione e l’informazione possono aiutare molto.
Ormai stiamo abituando i nostri occhi a mozziconi di sigarette galleggianti sul mare, a bottiglie di plastiche in mezzo ad un prato verde. Non dobbiamo abituarci ma reagire affinchè questo non diventi la normalità.
Ci piace citare una frase che ci affascina: “Ricordiamoci che la Terra non ci è stata regalata dai nostri genitori, ma ci è stata data in prestito dai nostri figli”.
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